Sintomi e complicanze delle intolleranze
La sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è estremamente variabile: in genere si riscontrano sintomi prettamente intestinali come dolori, diarrea, vomito. Spesso i Pazienti lamentano disturbi svariati, come cefalea, astenia, vertigini. Le allergie, invece, sono scatenate da meccanismi immunologici ed i sintomi possono essere anche cutanei e respiratori.

La sintomatologia legata alle intolleranze può in alcuni casi divenire cronica, mentre le allergie sono per lo più fenomeni acuti e possono avere anche complicanze gravi, fino allo shock anafilattico.
Diagnosi
La diagnosi di intolleranza alimentare è una diagnosi di esclusione ed è possibile solo dopo aver indagato ed escluso tutte le altre patologie correlate ai sintomi e l’eventuale allergia al nutriente indagato.
L’indagine diagnostica più utilizzata per individuare il nutriente responsabile dell’intolleranza alimentare è quella empirica di eliminare dalla dieta, per due o tre settimane, i cibi sospettati dal Paziente stesso. Poi si reintroducono, uno per volta, i cibi esclusi, e si valuta quale di essi provoca i disturbi. A questo punto si verifica, con i test diagnostici di Prist e Rast, o, più raramente, con quelli cutanei di Prick test, se è coinvolto il sistema immunitario. In caso positivo, si parla di allergia e non d’intolleranza.
Questo metodo è semplice ed economico, ma oggi esistono anche “test alternativi” per diagnosticare le intolleranze alimentari, che però spesso sono privi di attendibilità scientifica e non hanno dimostrato efficacia clinica. Tra questi, il test citotossico, che si bassa sulla valutazione empirica di modificazioni morfologiche degli elementi corpuscolati del sangue, messi a contatto con i nutrienti indagati.

Un altro test, sempre ematico, basato sul dosaggio delle immunoglobuline, avverse al singolo nutriente, ha una maggiore validità scientifica, anche se non è riconosciuto dalla Medicina ufficiale.
Uno di questi è il Test FInDER (Food Intolerance Digitalized Elisa Reader), che si basa sulla tecnologia computerizzata ELISA e, attraverso un lettore digitalizzato, individua la presenza di anticorpi IgG verso un kit 50, 92 o 184 alimenti, interpretati come antigeni.
Per fare diagnosi d’intolleranza alimentare, è necessario escludere che si tratti di malattia celiaca . Per fare questo, ci si basa su test anticorpali ematici, che vanno effettuati sul Paziente che non sia sottoposto alla dieta priva di glutine, altrimenti i test non sono validi.
Il gold standard diagnostico rimane sempre l’esame istologico della mucosa del piccolo intestino, per fare il quale occorre eseguire una gastroscopia e fare biopsie della mucosa del duodeno. È opportuno, nei casi sospetti, eseguire, sul campione di tessuto di mucosa duodenale, l’immunoistochimica per la ricerca dei linfociti CD3, determinando la quota dei linfociti T intraepiteliali, in rapporto al numero 100 enterociti.
La ricerca genetica degli alleli HLA DQ2/DQ8 ci indica la compatibilità, ma non la certezza di malattia.
La presenza di una delle combinazioni HLA di predisposizione determina un aumento del rischio di celiachia, mentre l’assenza delle stesse rende improbabile lo sviluppo della malattia. Si tratta di un test genetico che, pur non avendo un significato diagnostico assoluto, può contribuire a risolvere casi dubbi; viene soprattutto utilizzato per il suo significato predittivo negativo, in quanto soggetti negativi per DQ2, DQ8 e DQB1*02 ammalano molto raramente.
In casi particolari e selezionati, può essere opportuno e necessario ricorrere alla ricerca di anticorpi anti-transglutaminasi, direttamente sulla mucosa duodenale. Questi anticorpi vengono prodotti, in maniera dipendente dall’assunzione di glutine, esclusivamente da parte dei linfociti, che si trovano nella mucosa intestinale. La loro presenza nel siero avviene successivamente e consente la diagnosi della malattia, semplicemente con il loro dosaggio ematico. Può succedere che, per tempi anche lunghi, in presenza o meno di segni clinici e istologici conclamati, questi anticorpi non siano presenti nel siero, ma solo sulla mucosa del duodeno (malattia subclinica o latente). Essi possono essere ricercati direttamente su sezioni di biopsia intestinale, con una tecnica di immunofluorescenza, che fa uso di anticorpi marcati.
Un’altra metodica, molto utile nei casi dubbi, è quella della coltura di cellule della mucosa duodenale, posta in terreno in vitro con gliadina. I Pazienti celiaci producono anticorpi sia verso componenti dei cereali (anticorpi anti-gliadina AGA), che verso matrici proteiche dei tessuti (anticorpi anti- reticulina, anticorpi anti-endomisio EmA). E’ stato però evidenziato che, almeno in una piccola parte di soggetti celiaci, ed esattamente in coloro che non hanno un danno dei villi intestinali molto marcato, la ricerca degli EmA nel siero può risultare negativa. Per questi Pazienti la sensibilità diagnostica degli EmA scende notevolmente.
Alcuni Ricercatori italiani, in una ricerca pubblicata su “The Lancet” nel 1996, evidenziavano che soggetti celiaci a dieta priva di glutine e con mucosa intestinale istologicamente normale, avevano un’uguale risposta della loro mucosa intestinale, se al mezzo di coltura veniva aggiunta la gliadina. Quindi, in una mucosa di un celiaco in remissione clinica (quindi senza alcuna alterazione istologica) era possibile ottenere la produzione di EmA, aggiungendo della gliadina al mezzo di coltura, così da scatenare la risposta immunitaria. Questi risultati sono stati la prova che l’intestino è la sede di produzione di un auto-anticorpo, l’EmA (anticorpo anti-endomisio) e che questo fenomeno avviene precocissimamente al contatto con la gliadina.
Nella pratica clinica è possibile utilizzare questi concetti, sottoponendo a biopsia intestinale Pazienti con diagnosi dubbia. Se la sua mucosa produce EmA, nel corso della coltura “in vitro” con gliadina, si può confermare la diagnosi. Questo è l’esame così definito di “challenge in vitro”, cioè della coltura duodenale in vitro. Quest’opportunità non è da sottovalutare, se consideriamo quanti casi di diagnosi dubbie di celiachia giungono a Noi Gastroenterologi. Per i Pazienti che sono già a dieta priva di glutine da molto tempo, l’attendibilità di questa metodica è troppo scarsa perché si possa evitare l’obbligo al Paziente di passare a dieta libera, per rivalutare la risposta clinica ed istologica. Il “challenge in vitro”, cioè la coltura in vitro di biopsia duodenale con gliadina, anche se molto importante nei casi dubbi, non consente l’evitamento di riesporre i Pazienti al glutine, condizione necessaria per rivalutare la diagnosi.
Un’altra diagnosi differenziale da tener presente in questi casi è quella con l’allergia al frumento. in questi casi dubbi è opportuno seguire una flow chart diagnostica che preveda l’esclusione di una patologia allergica, procedendo nel solito programma di dosaggio ematico delle IgE (Prist e Rast) e anche dei Prick test. Va esclusa la celiachia, con le metodiche suddette.

Se i test diagnostici suesposti risultano negativi, si rimane nel campo delle intolleranze. Quella definita “sensibilità non celiaca al glutine” (o “gluten sensitivity) è particolarmente subdola, in quanto mima, sotto molti aspetti, la malattia celiaca. Da questa si differenzia, sostanzialmente, per la mancanza dell’auto-immunità, presente nel morbo celiaco.
È chiaro, da quanto detto, come sia fondamentale, ma, allo stesso tempo, complessa la diagnosi differenziale delle reazioni avverse ai nutrienti, sia perché si accavallano tra loro, sia perché si possono confondere con le malattie funzionali dell’apparato digerente.

Oltre alle indagini di laboratorio e strumentali, la clinica deve guidare il Medico. L’allergia alimentare è un fenomeno complesso, che comincia con la fase della “sensibilizzazione”, che avviene quando l’organismo viene a contatto con una o più proteine di origine alimentare, che non riconosce come proprie. Esso allora inizia a produrre anticorpi specifici, appartenenti alla classe IgE, per tentare di neutralizzare le sostanze, che legge come estranee. Questi anticorpi interagiscono con particolari recettori, presenti sulla superficie dei mastociti.
Nella fase di sensibilizzazione, il Paziente non ha sintomi, ma, ogni qualvolta l’organismo entrerà successivamente in contatto con l’antigene, verso cui si è sensibilizzato, scatenerà la reazione allergica. Questa è innescata dalla degranulazione dei mastociti, con una cascata di eventi, tra i quali la liberazione di mediatori chimici, come l’istamina.
La reazione allergica può scatenarsi in pochi secondi dall’esposizione all’antigene, oppure comparire soltanto dopo un certo lasso di tempo. Per esempio, l’allergia al pelo di gatto può manifestarsi a 24 ore di distanza. Le allergie di origine alimentare compaiono abbastanza rapidamente.
Una caratteristica delle allergie alimentari è che, dopo la sensibilizzazione, è sufficiente una minima dose di antigene per scatenare la reazione. Perciò il Paziente allergico deve limitare il più possibile i contatti con l’alimento verso cui si è sensibilizzato.

L’intolleranza alimentare causa alcuni sintomi tipici delle allergie alimentari, come nausea, vomito, diarrea e crampi addominali. Ecco il motivo per il quale si tende a confondere le due patologie. In realtà, le intolleranze alimentari, a differenza delle allergie, sono sempre legate ad una dose soglia del nutriente incriminato, che ogni individuo dovrebbe conoscere, per evitare di sorpassarla. Un’altra differenza fondamentale è che, nell’intolleranza alimentare, non viene mai coinvolto il sistema immunitario.
Nella maggior parte dei casi, l’intolleranza alimentare è legata a disfunzioni di tipo enzimatico, come la carenza o la totale mancanza di enzimi necessari per digerire taluni nutrienti. E’ noto il deficit di lattasi, enzima necessario per la digestione dello zucchero presente nel latte.
La differenza tra allergie alimentari e intolleranze è tuttavia sottile e spesso non è compresa appieno, soprattutto dai non addetti.
Entrambe sono reazioni non tossiche e interessano solo alcuni pazienti i quali, per cause genetiche o acquisite successivamente, presentano una sensibilità verso alcuni nutrienti.
Le allergie alimentari, ripeto, sono reazioni repentine e sono mediate dal sistema immunitario. Quasi sempre le proteine, contenute in determinati alimenti, inducono la produzione di anticorpi, le immunoglobuline di tipo E (IgE), che attivano i mastociti, cellule che rilasciano sostanze, come l’istamina, che provocano sintomi quali il prurito, la tosse e la rinite. Queste allergie alimentari si chiamano IgE mediate e sono per lo più ereditarie.
Altre forme di allergie, invece, derivano da meccanismi di difesa, non mediati dalle Ig-E e coinvolgono altre cellule immunitarie, i Linfociti T. Bisogna fare attenzione, perché questo meccanismo è comune ad alcune forme di intolleranza. Le intolleranze sono mediate da un’attivazione dei linfociti B, con produzione di anticorpi IgG e IgA, provocata da frazioni proteiche del cibo, ma possono essere coinvolti anche i linfociti T e le interleuchine.
Le allergie alimentari IgE-mediate determinano disturbi che compaiono subito dopo l’assunzione dell’alimento in causa.
Le intolleranze alimentari sono più frequenti delle allergie e determinano reazioni lente, che possono insorgere dopo ore o giorni dall’ingestione ripetuta dell’alimento. Sono provocate da macronutrienti, micronutrienti, additivi, oligoelementi presenti nel cibo ingerito ed hanno un meccanismo patogenetico non sempre conosciuto. Possono essere dovute a carenza enzimatica dell’organismo, ad effetti irritativi sulla mucosa intestinale, ad effetti derivanti dalla fermentazione di residui alimentari o ad altre cause ancora sconosciute.
In caso di carenza enzimatica, si hanno problemi assimilativi, che possono essere indagati, per esempio con i test del respiro (Breath Test). Ovvero può trattarsi di una reazione dell’organismo a sostanze, presenti negli alimenti o prodotte successivamente dall’intestino per fermentazione, e la reazione si ripresenta ad ogni assunzione ed è dose-dipendente. È questo anche il caso delle pseudo-allergie alimentari
Per la reazione allergica è sufficiente il contatto con una minima quantità di allergene, mentre per una reazione d’intolleranza alimentare è necessaria un’ingestione continuativa del nutriente incriminato, verso il quale l’organismo diventa particolarmente sensibile. Le intolleranze sono perciò “dose-dipendente” ed assomigliano, in questo, al meccanismo d’azione delle sostanze tossiche.
L’allergia è una reazione dell’organismo contro molecole estranee. Questa reazione è indotta dal sistema immunitario e, nel caso delle allergie alimentari, l’antigene è rappresentato dalle proteine contenute in determinati alimenti.
I nutrienti sono formati da un elevato numero di sostanze, prevalentemente glicidi, lipidi e protidi, composte a loro volta da molecole, le quali hanno un potenziale potere antigenico. In alcuni Pazienti, queste molecole determinano problemi allergici, perché arrivano a stimolare il sistema immunitario.
Il prof. Antonio Iannetti parla di Celiachia ed Intolleranze, ospite del programma “Che Impresa”
La celiachia, o Morbo Celiaco, è spesso associata a malassorbimento a causa dell’intolleranza al glutine, una proteina comune in molti cibi.